
Industria tessile e consumo di acqua: le scelte che fanno la differenza
- Marzo 22, 2019
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INDUSTRIA TESSILE E CONSUMO DI ACQUA: LE SCELTE CHE FANNO LA DIFFERENZA
La scelta di Eticlò di utilizzare solo tessuti e processi sostenibili nasce dalla lettura di un dato importante: quella tessile è la seconda industria più inquinante al mondo.
Quanta acqua consuma una t-shirt? E un paio di jeans?
Difficile dirlo con esattezza.
Ciò che è certo, però, è che l’industria diell’abbigliamento è ormai pacificamente riconosciuta come una tra le principali utilizzatrici di risorse idriche al mondo.
La Ellen MacArthur Foundation ha così descritto la situazione:
“Il consumo di acqua è eccessivo, e spesso avviene in aree già povere di risorse idriche.
L’industria tessile (compresa la coltivazione di cotone) usa circa 93 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno, cioè il 4% dell’acqua potabile globale.
La maggior parte della produzione di cotone è situata in Paesi che già di per sé soffrono la carenza di acqua potabile come Cina, India, USA, Pakistan e Turchia.
In Cina, per esempio, dall’80% al 90% dei tessuti, filati e fibre a base plastica sono prodotti in regioni che soffrono la scarsità di acqua.
Inoltre, anche il post-vendita comporta un uso esagerato di risorse; si stima che per la cura dei capi si consumino ulteriori 20 miliardi di metri cubi di acqua all’anno”.
Ellen MacArthur Foundation, A new textiles economy: Redesigning fashion’s future, (2017, http://www.ellenmacarthurfoundation.org/publications)
Tra le soluzioni individuate a livello globale per la riduzione del consumo di acqua, c’è innanzitutto l’implementazione di sistemi di produzione circolari; solo una perfetta circolarità della filiera, infatti, consentirebbe il recupero delle risorse minimizzandone lo spreco.
Anche l’utilizzo di fibre di origine biologica – soluzione più pragmatica e percorribile nel breve termine –, però, contribuisce in maniera significativa alla riduzione dell’impatto della filiera sull’ambiente.
La coltivazione del cotone secondo agricoltura biologica, infatti, per mezzo della cd. rotazione delle colture (pratica in base alla quale si dedica ciascun appezzamento di terreno a diverse colture nel corso degli anni), rende più fertile il terreno e ne riduce il fabbisogno di acqua.
Non dimentichiamo, poi, che l’agricoltura biologica esclude l’utilizzo dei pesticidi; e ciò va a diretto beneficio delle falde acquifere, che vengono così risparmiate dall’inquinamento diversamente da quanto succede nell’agricoltura convenzionale.
Un cambiamento radicale dell’industria tessile è doveroso, ma verosimilmente non immediato.
Nell’attesa di una svolta globale è, però, possibile compiere scelte concrete in grado di minimizzare l’impatto dei nostri acquisti sull’ambiente.